L’India, fino ad ora impegnata in modo modesto nel mondo dell’Intelligenza Artificiale, sembra destinata a giocare un ruolo sempre più significativo a partire dal prossimo mese con il lancio di Hanooman, un large language model (LLM) simile a ChatGPT, capace di interagire in 11 delle 22 lingue ufficiali del Paese. Tra i promotori di questo progetto, oltre a un dipartimento governativo e otto delle più prestigiose università indiane, figura una succursale di Reliance Industries, il principale gruppo industriale del Paese per capitalizzazione, guidato da Mukesh Ambani, l’uomo più ricco dell’Asia.
Appena due mesi fa, nel suo messaggio di fine anno ai dipendenti, Ambani aveva annunciato il 2024 come l’anno in cui la conglomerata di famiglia, che spazia dalla raffinazione al retail e alle telecomunicazioni, abbraccerà la rivoluzione portata dall’Intelligenza Artificiale. La società del gruppo coinvolta direttamente nel progetto è Reliance Jio Infocomm, uno dei principali operatori di telefonia mobile in India, guidato dal figlio maggiore di Mukesh e Tina Ambani, il 32enne Akash.
Secondo i piani dei suoi promotori, Hanooman avrà applicazioni in quattro grandi settori: salute, istruzione, servizi finanziari e governance. Il modello è stato sviluppato in collaborazione con Bhashini, un’agenzia governativa, e con l’Indian Institute of Technology (IIT) Bombay, capofila di un gruppo di istituti universitari situati in diversi Stati indiani. La scelta di diversificare geograficamente la composizione del consorzio è strategica, considerando che l’obiettivo dichiarato dell’iniziativa è rendere l’Intelligenza Artificiale accessibile anche a quei vasti strati della popolazione indiana che non parlano inglese.
Tra le 11 lingue supportate dal modello ci sono alcune delle lingue indo-ariane, come l’Hindi, parlato a Delhi e in alcuni Stati del nord dell’India, il Bengali a Kolkata e il Marathi, la lingua più diffusa a Mumbai, oltre a una serie di lingue dravidiane parlate nel sud, come il Tamil, il Telugu e il Malayalam.
Durante una conferenza a Mumbai, è stato proiettato un video di presentazione di Hanooman in cui un meccanico poneva una domanda a un Bot in Tamil, un banchiere chiedeva delucidazioni in Hindi e uno sviluppatore di Hyderabad, dove si parla Telegu, ricorreva all’Intelligenza Artificiale per il coding. Ganesh Ramakrishnan, uno dei promotori del progetto e responsabile del dipartimento di Ingegneria e Scienze Informatiche dell’IIT Bombay, ha spiegato che Hanooman offrirà la possibilità di convertire la voce in testo, per soddisfare i milioni di indiani che non sanno né leggere né scrivere, e in futuro sarà esteso alle lingue non incluse nella release iniziale.
Tuttavia, colpisce l’assenza dell’Urdu tra le prime undici lingue supportate dal modello, nonostante sia la settima lingua più parlata in India e la più diffusa tra la popolazione musulmana. Questo fatto, insieme alla scelta del nome del modello (Hanooman, che richiama il nome di una popolare divinità induista) e del consorzio che lo sta sviluppando (Bharat GPT, con “Bharat” che è un termine molto caro ai nazionalisti indù del Bharatiya Janata Party di Narendra Modi), potrebbe sollevare domande sulle vere intenzioni di inclusione del progetto, specialmente considerando che la comunità musulmana è una delle più svantaggiate dal punto di vista sociale ed economico e potrebbe trarre maggior beneficio dall’accesso a informazioni educative e sanitarie tramite l’Intelligenza Artificiale.
Questo progetto offre un’opportunità per colmare le distanze linguistiche e culturali in un Paese con quasi 1,5 miliardi di abitanti. Si prevede che entro il 2027 l’Intelligenza Artificiale genererà un giro d’affari di 17 miliardi di dollari in India, nonostante le sfide legate alla capacità computazionale e agli investimenti necessari.