La doppia pagina di Repubblica dedicata all’arte è apparsa senza immagini, un gesto forte per denunciare le restrizioni imposte dalla SIAE che stanno soffocando l’informazione culturale. La Società Italiana degli Autori ed Editori, che detiene il monopolio nella gestione dei diritti sulle opere di ingegno, ha imposto tariffe di riproduzione sempre più elevate e una burocrazia asfissiante che rendono quasi impossibile per giornali e gallerie pubblicare immagini di opere d’arte.
La protesta nasce dalla constatazione che la SIAE, applicando questi costi esorbitanti e richiedendo lunghi tempi per le autorizzazioni, compromette il diritto di cronaca e critica, fondamentali per lo sviluppo culturale e promossi dalla Costituzione. Dare conto di una mostra, raccontare un quadro o ripercorrere le tappe della storia dell’arte sta diventando un’impresa titanica. Le redazioni dei giornali sono costrette a intraprendere una lunga trafila per ottenere le liberatorie dagli artisti, dagli eredi o dagli aventi diritto, inviando impaginati in pdf alla SIAE con largo anticipo per evitare sanzioni pesanti. Questo processo, che può durare settimane, spesso non porta a risultati concreti.
L’esempio emblematico di questa situazione è rappresentato dalla sentenza del giudice di pace di Lucca del 26 novembre 2023, che avrebbe dovuto stabilire un precedente. In quel caso, la rivista Aw ArtMag aveva ribadito il principio che l’uso delle immagini a fini di critica e discussione è libero, purché non costituisca concorrenza economica. Nonostante ciò, la SIAE ha fatto ricorso, continuando a bloccare la libera circolazione delle immagini.
La SIAE giustifica le sue tariffe affermando che sono in linea con quelle europee e promette di lavorare a una semplificazione delle norme. Tuttavia, l’informazione culturale è già in grave pericolo. Le regole imposte nel nuovo “Compendio 2024 delle norme e dei compensi per la riproduzione di opere delle arti figurative” prevedono che solo un trafiletto con dati essenziali della mostra possa essere accompagnato da un’immagine, poco più grande di un francobollo, a titolo gratuito. Questo impedisce un’adeguata copertura mediatica e il diritto dei lettori di vedere le opere di cui si parla.
Anche i musei, in particolare quelli d’arte contemporanea, stanno soffrendo. Amaci, l’associazione che li rappresenta, ha aperto un tavolo di discussione con la SIAE per chiedere di pagare i diritti d’autore in modo equo. Alcuni musei hanno ricevuto richieste di pagamento per progetti risalenti ad anni fa, con costi sempre più alti per cataloghi, riproduzioni per siti web, manifesti pubblicitari e persino brochure e guide gratuite. Il Museo Morandi, ad esempio, ha dovuto rinunciare alla pubblicazione di una guida gratuita a causa dei costi esorbitanti.
Il progetto Raam (Ricerca Archivio Amaci Musei), che rende accessibile online il patrimonio pubblico dell’arte contemporanea italiana, è a rischio. Molti degli autori presenti nel catalogo, viventi o morti da meno di settant’anni, sono tutelati dalla SIAE. Ogni lemma deve essere sottoposto a pagamento e inviato alla SIAE per l’approvazione, un processo che sta rallentando l’intero progetto.
Impedire il racconto dell’arte equivale a una cancellazione della cultura stessa. I capolavori che non possono essere mostrati perché tutelati dalla SIAE rischiano di essere dimenticati. Questa situazione solleva dubbi tra gli artisti stessi, che iniziano a chiedersi se questa tutela dei diritti sia davvero una protezione o piuttosto un ostacolo alla diffusione della cultura.