GIORNALISMO MULTIMEDIALE

Il confine violato: procedimento penale per i giornalisti Rai in Russia

Stefania Battistini Tg1

Il servizio di sicurezza russo Fsb ha avviato un procedimento penale contro i giornalisti Rai Stefania Battistini e Simone Traini, accusati di aver attraversato illegalmente il confine russo nella regione di Kursk e di aver effettuato riprese nell’insediamento di Sudzha.

L’indagine si basa sull’articolo 322 del codice penale russo. Inoltre, il FSB sta valutando anche la presenza del corrispondente della Cnn, Nick Paton Walsh, in un posto di blocco russo nella stessa area, per decidere eventuali ulteriori azioni legali.

GIORNALISTI COME BERSAGLIO

Il reportage, trasmesso dal Tg1, ha documentato l’offensiva ucraina in corso nella regione di Kursk, una delle prime incursioni delle forze di Kiev in territorio russo. Battistini e Traini hanno mostrato immagini dei veicoli colpiti e hanno intervistato i residenti locali, descrivendo una situazione di tensione e conflitto.

Stefania Battistini ha raccontato durante l’edizione serale del telegiornale di essere entrata in territorio russo in modo semplice, seguendo le norme internazionali per i reporter di guerra, con un’auto blindata contrassegnata come “press”. Ha sottolineato che, sebbene i giornalisti siano una figura protetta, ciò non sempre li salva, spesso trasformandoli in bersagli. Ha inoltre chiarito che non erano gli unici giornalisti presenti sul fronte: oltre a loro, c’erano già stati la tv ucraina, il New York Times, la Cnn e la France Press. Il servizio realizzato è stato fatto con l’intento di mostrare i fatti al pubblico, rispettando le leggi russe.

“INFILTRATI ILLEGALMENTE”

Il Ministero degli Esteri russo ha espresso una ferma protesta all’Italia per le azioni di giornalisti della Rai, accusati di essersi infiltrati illegalmente nella regione di Kursk per coprire un presunto attacco terroristico ucraino. Le autorità russe hanno affermato che i giornalisti italiani hanno violato le leggi locali e sostenuto propagandisticamente il regime di Kiev, atti considerati criminali secondo il codice penale russo.

Nonostante le minacce, è stato ribadito il diritto e il dovere della stampa di documentare gli eventi in territori di conflitto.

AUTONOMIA DELLE REDAZIONI

L’ambasciatrice italiana a Mosca, Cecilia Piccioni, convocata per discutere della questione, ha difeso l’indipendenza della Rai, chiarendo che le redazioni pianificano autonomamente le loro attività. Sebbene il Ministero degli Esteri russo non abbia confermato le indiscrezioni su eventuali ulteriori azioni, ha sottolineato l’importanza per i corrispondenti stranieri di rispettare le leggi locali, un avvertimento implicito che evidenzia la delicatezza della situazione.

IL RIENTRO IN ITALIA

Stefania Battistini avrebbe voluto rimanere a Sumy dopo aver documentato lo sconfinamento ucraino in Russia nella cittadina di Sudzha, umiliando Putin. Tuttavia, la Rai ha deciso di farla rientrare in Italia, giudicando troppo rischiosa la permanenza dopo l’apertura di un procedimento penale da parte delle autorità russe per “attraversamento illegale del confine”. Nonostante le sue rimostranze, Battistini è stata richiamata senza ricevere una nota di solidarietà dall’azienda.

La decisione ha suscitato reazioni contrastanti: il senatore Filippo Sensi e il deputato Stefano Graziano criticano il governo italiano per la mancanza di una risposta forte, mentre Maria Elena Boschi di Italia Viva contesta la scelta della Rai di richiamare i giornalisti, accusandola di penalizzare il loro lavoro. Dario Carotenuto del Movimento 5 Stelle esprime preoccupazione per la loro impossibilità di continuare le indagini in Russia, mentre Giulia giornaliste denuncia minacce di morte e insulti rivolti a Battistini, attribuiti a sostenitori della propaganda putiniana e filorussi italiani.

La decisione della Rai di richiamare anticipatamente i due reporter ha generato caos sia all’interno dell’azienda che a livello diplomatico. Giampaolo Rossi e Roberto Sergio, rispettivamente direttore generale e amministratore delegato della Rai, hanno deciso di far tornare i due giornalisti dopo il loro reportage esclusivo dalla città russa di Sudzha, nonostante non ci fossero rischi immediati per la loro sicurezza. Questa decisione è stata vista come una risposta alle pressioni diplomatiche e alle preoccupazioni riguardanti le relazioni con la Russia. La Farnesina e i servizi di sicurezza avevano proposto alternative meno drastiche, come spostare i giornalisti da Sumy a Kiev. Tuttavia, i vertici Rai hanno optato per il rientro immediato, il che ha sollevato interrogativi su quanto questa mossa sia stata influenzata dalla volontà di evitare conflitti con Mosca.

Imbarazzo anche tra gli alleati dell’Italia e ha infastidito Palazzo Chigi, che sta già affrontando difficoltà nel mantenere una posizione coerente sul conflitto ucraino. Il governo di Giorgia Meloni, alle prese con critiche e pressioni interne ed esterne, potrebbe dover rivedere la sua strategia per evitare ulteriori tensioni e mantenere il sostegno internazionale.

“IL GIORNALISMO NON È UN CRIMINE”

Il reportage, unico nel suo genere, ha mostrato immagini che nessun’altra emittente era riuscita a documentare, provocando la reazione di Mosca e diventando un caso internazionale. L’Usigrai e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) hanno condannato l’ipotesi di un processo contro gli inviati, definendolo inaccettabile e ricordando che il giornalismo non è un crimine. Solidarietà è arrivata anche da forze politiche e sindacati giornalistici, sia italiani che esteri.

Unirai, l’associazione dei giornalisti Rai, ha dichiarato: “Solidarietà ai colleghi Stefania Battistini e Simone Traini, inviati sul fronte di guerra russo-ucraino. Ferma condanna nei confronti di chi cerca di mettere a repentaglio la libertà d’informazione e l’incolumità dei giornalisti”.

Usigrai e Fnsi denunciano come inaccettabile l’intenzione delle autorità russe di processare Stefania Battistini e Simone Traini del Tg1, entrati in territorio russo seguendo le truppe ucraine. Secondo le due organizzazioni, il giornalismo non dovrebbe essere soggetto ad autorizzazioni preventive, e minacciare azioni legali contro chi informa è una forma di condizionamento inaccettabile. I giornalisti di tutto il mondo chiedono garanzie di accesso alle zone di conflitto per poter raccontare ciò che accade. Usigrai e Fnsi esprimono piena solidarietà ai giornalisti che rischiano la vita per il dovere di informare.