Venerdì scorso, il tribunale di Ekaterinburg, nella regione di Sverdlovsk, ha condannato Evan Gershkovich, un giornalista del Wall Street Journal, a 16 anni di carcere con l’accusa di spionaggio, una condanna priva di prove e ritenuta politicamente motivata. Gershkovich, arrestato nel marzo 2023, è il primo giornalista statunitense detenuto in Russia dai tempi della Guerra fredda.
Il reporter è stato fermato dai servizi segreti russi mentre stava lavorando a un articolo sulle operazioni del gruppo Wagner. Le autorità russe sostengono che abbia raccolto informazioni segrete riguardanti una fabbrica di attrezzature militari nella regione di Ekaterinburg per conto della CIA, ma non sono state presentate prove a sostegno di queste accuse.
Dopo oltre un anno di detenzione preventiva nella famigerata prigione di Lefortovo a Mosca, un luogo noto per ospitare oppositori politici e giornalisti critici nei confronti del governo russo, il processo contro Gershkovich si è svolto a porte chiuse. La procura di Ekaterinburg aveva richiesto una pena di 18 anni, e il giornalista rischiava fino a 20 anni di reclusione.
Il governo statunitense e il Wall Street Journal hanno respinto categoricamente le accuse, definendole come pretestuose e fabbricate. Molti esperti e osservatori internazionali considerano questo caso un tentativo della Russia di ottenere vantaggi diplomatici attraverso scambi di prigionieri, una pratica già vista nel caso della giocatrice di basket Brittney Griner, detenuta in Russia e poi liberata in uno scambio con il trafficante d’armi Viktor Bout.
Alcune ipotesi indicano la possibilità di uno scambio che coinvolga Gershkovich. Il presidente Joe Biden ha espresso un serio interesse nel risolvere la situazione, ma al momento non ci sono sviluppi concreti in merito.
Evan Gershkovich, 32 anni, è nato a New York da genitori ebrei fuggiti dall’Unione Sovietica. Ha sempre mantenuto un forte legame con la cultura russa, parlando russo in famiglia e mostrando un interesse profondo per la storia e le tradizioni del paese. Prima di lavorare al Wall Street Journal, ha collaborato con il New York Times e il Moscow Times, distinguendosi per la sua conoscenza della Russia e per la sua copertura della guerra in Ucraina.