Nelle viscere dell’indagine della procura di Perugia emerge un intricato intreccio di accuse che scuotono il panorama giornalistico italiano. Accuse di accesso abusivo a banche dati, rivelazione di segreti e un’ombra di spionaggio politico svelano una rete intricata che coinvolge nomi noti del giornalismo investigativo.
Il pool delle inchieste di Domani, tra cui spiccano i nomi di Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, è sotto il fuoco delle accuse. Si parla di un’attività concertata con il finanziere Pasquale Striano, ex capo del gruppo “Sos” della procura nazionale antimafia, e il magistrato Antonio Laudati. Le indagini si concentrano su un presunto modus operandi che si estende dal 2018 al 2022, con oltre 300 accessi contestati ai giornalisti di Domani.
La difesa degli indagati si fonda sull’argomento che tali attività rientrassero nei compiti del gruppo Sos, dedicato all’analisi di migliaia di segnalazioni di operazioni sospette ricevute dall’antiriciclaggio di Banca d’Italia.
Tuttavia, la procura ha ribattuto alle voci sul presunto “dossieraggio”, affermando che non esistono prove di dossier realizzati su personalità politiche o istituzionali. Il quadro dell’indagine si amplifica con il coinvolgimento di 16 indagati, con vicende giudiziarie distinte da quelle di Domani.
L’origine dell’indagine risale alla denuncia di Guido Crosetto, dopo che Domani aveva esposto le consulenze milionarie ricevute dall’ex ministro della Difesa dall’industria degli armamenti. Questo conflitto di interessi ha innescato una serie di eventi che hanno portato alla luce presunte interferenze nell’attività giornalistica.
L’inchiesta condotta dalla procura di Perugia ha destato scalpore nei media, con titoli sensazionalistici che parlavano di VIP e politici spiati, nonostante la stessa procura abbia escluso l’accusa di dossieraggio o l’esistenza di centrali di spionaggio. Le carte dell’accusa non contenevano alcuna menzione di tali termini, ma piuttosto hanno portato alla luce un reato diverso: l’abuso d’ufficio da parte di un finanziere e di un magistrato.
L’accusa si concentra sul fatto che i due avrebbero ottenuto documenti da una fonte giudiziaria privilegiata e li avrebbero pubblicati, senza alcuna manipolazione, come notizie vere. Questo fatto ha scatenato una reazione tra alcuni settori del giornalismo investigativo, che hanno interpretato l’inchiesta come un attacco diretto alla loro professione.
Il giornale Domani ha sperimentato in passato tentativi di delegittimazione da parte di vari attori, tra cui la destra politica e altre procure. Si citano casi come le indagini dei carabinieri in redazione su richiesta del sottosegretario Claudio Durigon e il rinvio a giudizio del direttore Emiliano Fittipaldi per aver pubblicato un verbale d’interrogatorio. Tuttavia, questo clima ostile non è limitato solo a “Domani”, ma coinvolge anche altri media e giornalisti investigativi in tutto il paese.
Questa tendenza di attaccare i giornalisti investigativi non è una novità e non riguarda solo le grandi testate come Domani. Persino trasmissioni televisive come “Report” hanno sperimentato denunce e diffide da parte delle autorità. In Italia, chiunque si occupi di giornalismo investigativo sembra essere soggetto a una crescente pressione e a tentativi di ostacolare il proprio lavoro, evidenziando una sfida per la libertà di stampa nel paese.
LA SOLIDARIETÀ PER DOMANI
“Stiamo assistendo a un evento senza precedenti”, denuncia Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione Nazionale della Stampa. “Un terzo dei giornalisti sotto indagine rischia di trasformare l’inchiesta giornalistica in un caso di criminalizzazione. Ancora una volta, si punta il dito su chi denuncia invece che sui fatti stessi che vengono portati alla luce. Un rovesciamento di prospettiva utile solo al potere politico. Anche coloro che conducono l’inchiesta sanno che tutto ciò si risolverà in nulla: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già affermato più volte che le fonti dei giornalisti sono intoccabili, e che l’unico limite al loro lavoro è l’interesse pubblico alla conoscenza”.
Anche Roberto Saviano ha espresso solidarietà verso la redazione di Domani. “Dossieraggio è adoperare notizie vere o false a fini ricattatori», ha scritto il giornalista Gad Lerner, i giornalisti di Domani «invece hanno verificato e pubblicato solo scomode verità. E allora si chiama libertà di stampa, diritto costituzionale esercitabile anche se disturba il potere”.
La Rete NoBavaglio-Liberi di essere informati è intervenuta anche nel dibattito: “Un precedente pericoloso, che rischia di trasformare i giornalisti d’inchiesta in presunti violatori di segreti, invece che guardiani dell’informazione. Un monito per l’intera categoria dei giornalisti. È importante sottolineare che le informazioni divulgate erano vere e di interesse pubblico, e non documenti manipolati o fabbricati”.
Anche l’Esecutivo dell’Usigrai ha espresso solidarietà e vicinanza ai colleghi del quotidiano il Domani. “Quello che gli viene contestato, non è di aver scritto falsità o di aver diffamato qualcuno, ma di aver realizzato inchieste giornalistiche con carte vere ottenute da fonti giudiziarie e per questo rischiano fino 5 anni di carcere. Un attacco alla libertà di stampa, un fatto sconcertante in un paese occidentale, ancora più inquietante se si pensa che l’inchiesta è partita dopo l’esposto del ministro della difesa Crosetto. L’Usigrai è al fianco della Fnsi per tutte le iniziative che vorrà intraprendere a tutela dei colleghi e del diritto costituzionale dei cittadini a essere informati che appare sempre più compromesso nel nostro Paese”.