Apple sospende la funzione di sintesi AI per errori sulle notizie

Apple ha deciso di sospendere la funzione di sintesi delle notizie introdotta con il sistema operativo iOS 18.3 in versione beta. La tecnologia, progettata per generare riepiloghi sintetici da visualizzare sulla schermata di blocco degli iPhone, è stata ritirata temporaneamente a causa di errori significativi. La decisione è stata annunciata dopo che alcune sintesi generate dall’intelligenza artificiale hanno suscitato polemiche, soprattutto per la diffusione di una fake news riguardante Luigi Mangione. Come riportato da MacRumors, uno degli incidenti più gravi risale al mese scorso, quando la funzionalità ha creato un riepilogo errato di un articolo della Bbc. La notizia originale trattava dell’omicidio di Brian Thompson, amministratore delegato di United Healthcare, ma la sintesi automatica riportava erroneamente che Luigi Mangione, presunto responsabile del delitto, si fosse suicidato. L’errore ha reso virale un’informazione inesistente, spingendo gli utenti verso un articolo che in realtà non era mai stato pubblicato sul sito della Bbc. Apple ha dichiarato che la funzionalità di riepilogo rimane in fase sperimentale e “potrebbe contenere errori”. La società ha annunciato che la funzione verrà reintrodotta con un aggiornamento futuro, presumibilmente entro la fine di gennaio o l’inizio di febbraio 2025. Tuttavia, per evitare confusione, sono state promesse alcune modifiche: tutte le notifiche generate dall’intelligenza artificiale saranno mostrate in corsivo, così da distinguerle chiaramente dalle notifiche tradizionali. Inoltre, gli utenti potranno scegliere di disattivare la sintesi per categorie specifiche di app, come notizie o social network.

Los Angeles Times: traffico web aumentato dell’800% durante gli incendi

Gli incendi boschivi che hanno colpito Los Angeles nelle ultime settimane hanno avuto conseguenze devastanti. Almeno 24 persone hanno perso la vita e più di 12.000 case e altre strutture sono andate distrutte, creando danni incalcolabili. La situazione non sembra migliorare, anzi, è destinata a peggiorare. Secondo il National Weather Service, l’arrivo di venti forti nei prossimi giorni renderà ancora più difficile il lavoro dei vigili del fuoco, che sono impegnati a contenere gli incendi di Eaton, Palisades e altre aree colpite. In risposta a questa tragedia, il LA Times ha deciso di rendere gratuita la sua copertura sugli incendi boschivi. Il risultato è stato un aumento esponenziale delle visite al sito web, che ha registrato un picco dell’800% rispetto alla media degli ultimi 30 giorni, con un incremento del 259% negli abbonamenti. “Il Times stima che l’eliminazione del paywall su tutte le storie relative agli incendi boschivi abbia comportato un tasso di conversione degli abbonati inferiore del 45%”. Il LA Times ha avuto il suo “maggior numero di visite di abbonati di sempre” l’8 gennaio, con una ricircolazione – quando i lettori, dopo aver letto un articolo, restano sul sito per leggerne altri – aumentata del 1.500%. Il contenuto video ha avuto una performance straordinaria, con un incremento delle riproduzioni del 1.800% rispetto al mese precedente. Tra gli articoli più letti, ci sono stati quelli sulle evacuazioni in Pacific Palisades e la crisi degli idranti prosciugati durante l’incendio. Oltre alla copertura degli eventi, il giornale ha dovuto affrontare la disinformazione che circolava sui social media, rispondendo prontamente a notizie false e smentendo voci infondate, come quella dell’incendio alla scritta di Hollywood. La redazione stessa ha vissuto il dramma degli incendi in prima persona, con molti colleghi che hanno perso le loro case o che sono stati direttamente colpiti dalla tragedia. Nonostante la tragedia, la missione del LA Times di fornire notizie verificate e accurate continua senza sosta. La copertura di questi incendi, che potrebbero diventare i più costosi della storia degli Stati Uniti, rappresenta un momento cruciale per la città e per il giornale, che si trova a fronteggiare un disastro senza precedenti.  

Il New York Times lancia rubriche sulla salute mentale

NYTimes

La sezione Well del New York Times ha introdotto due nuove rubriche che mirano a fornire ai lettori strumenti utili per comprendere e migliorare la salute mentale e il benessere emotivo. Lo riporta Editor&Publisher. L’attenzione è dedicata all’importanza delle relazioni e su come queste possano influenzare la salute psicologica. Il 16 gennaio, la terapeuta Lori Gottlieb, autrice del bestseller “Forse dovresti parlare con qualcuno“, inizierà a scrivere una nuova rubrica di consigli terapeutici dal titolo “Chiedi al terapeuta”. Con cadenza bi-settimanale, Lori offrirà una guida empatica e pratica, rispondendo alle domande dei lettori su esperienze di vita difficili e fornendo loro una prospettiva terapeutica per affrontarle. Oltre alla sua pratica clinica, Lori è anche la co-conduttrice del noto podcast “Dear Therapists” e ha scritto per The Atlantic. È un’esperta ricercata, apparsa in numerosi programmi televisivi come “Today”, “The Daily Show” e “Good Morning America”. Il suo famoso TED Talk del 2019 è stato uno dei più visti dell’anno. Inoltre, il 9 gennaio, Well ha lanciato anche la rubrica “Psych 101”, scritta dalla premiata reporter di salute mentale Christina Caron. Questa rubrica mensile si concentra sul fornire spiegazioni chiare dei termini più utilizzati in ambito psicologico e delle diagnosi psicologiche. Inoltre, offre preziose informazioni fornite da esperti fidati del settore, per aiutare i lettori a comprendere meglio i complessi temi legati alla salute mentale. I lettori interessati possono inviare le loro domande a Lori all’indirizzo askthetherapist@nytimes.com o suggerire temi a Christina a psych101@nytimes.com.

Il Foglio augura la morte a Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, è finito al centro di una polemica dopo un articolo pubblicato su Il Foglio nella rubrica “Andrea’s Version”. L’articolo, firmato da Andrea Marcenaro, ha suscitato scalpore per le frasi offensive rivolte al giornalista. Tra queste, un riferimento al suo lavoro da inviato durante lo tsunami del 2005 in Sumatra, che causò oltre 250 mila morti: “Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare”. Ranucci ha commentato l’accaduto sui suoi profili social, denunciando l’attacco personale: Il Foglio “si mostra dispiaciuto che io non sia morto. Tra tutti gli attacchi di questi giorni dopo la puntata sulla Mafia e ciò che sta accadendo in Palestina, spunta questa perla”. La puntata di Report citata, andata in onda su Rai 3, trattava delle stragi del 1993. Questo ha attirato critiche feroci, tra cui quelle di Marina Berlusconi, che ha definito il programma “il peggior pattume mediatico-giudiziario”. A questa ondata di attacchi si è aggiunto il controverso articolo de Il Foglio, che ha portato il dibattito su un livello personale. L’articolo è stato duramente condannato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che ha espresso solidarietà a Ranucci: “La libertà di critica, anche aspra, è sempre ammessa, anche fra giornalisti; ma quanto scritto nella rubrica Andrea’s version è spregevole e non fa onore ad una testata come Il Foglio”, si legge nella nota: “Non si può augurare la morte di nessuno, men che meno di un collega; nel caso specifico Sigfrido Ranucci a cui va la nostra solidarietà. Questo è un esempio di quello che potremmo definire pessimo giornalismo”. Anche il figlio del giornalista, Emanuele Ranucci, ha reagito pubblicamente, rivolgendosi direttamente all’autore dell’articolo. Su Facebook ha scritto: “Caro Andrea, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e, nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre”. Egli denuncia le difficoltà vissute dalla famiglia a causa delle minacce e del lavoro del padre. Racconta episodi dolorosi, come la scorta costante, i proiettili nella posta e le minacce quotidiane, sottolineando la forza e la dedizione del genitore. Conclude: “Il morto del giorno è il giornalismo italiano”.

Il Post, Costa direttore. Morning passa a Nicola Ghittoni

Francesco Costa

Dal prossimo 19 aprile 2024, il Post segnerà una nuova fase della sua storia. Dopo quindici anni come direttore responsabile, Luca Sofri assumerà il ruolo di direttore editoriale, concentrandosi sui progetti strategici e sulla crescita del giornale. La guida quotidiana della redazione passerà invece a Francesco Costa, che diventerà il nuovo direttore responsabile. Il cambiamento al Post non rappresenta una rottura, ma una naturale evoluzione. Sofri, a 60 anni, assume il ruolo di direttore editoriale per meglio definire i compiti e rispondere alle esigenze del giornale. Continuerà a collaborare con Francesco Costa, Elena Zacchetti e tutta la redazione, condividendo idee, progetti e decisioni strategiche. Francesco Costa esprime gratitudine verso Luca Sofri per i 15 anni di collaborazione al Post, evidenziando il valore del percorso condiviso e la continuità del loro rapporto lavorativo. Sottolinea l’importanza del momento, ritenendolo ideale per assumere il ruolo di direttore, grazie al lavoro della redazione e al sostegno crescente della comunità di abbonati. Costa promette maggiore ambizione nel raccontare il mondo e rendere il Post più utile e interessante, coinvolgendo tutti nel progetto. Uno degli aspetti più significativi di questo cambiamento sarà la transizione del celebre podcast Morning. Dopo quasi quattro anni e 899 episodi, Costa lascerà la conduzione a Nicola Ghittoni, giornalista noto per il suo lavoro alla rassegna stampa mattutina di SkyTG24. Ghittoni inizierà a occuparsi di Morning dal 10 febbraio 2024, portando la sua esperienza e la sua sensibilità al progetto. Costa, invece, sta già lavorando a un nuovo podcast settimanale di approfondimento che sarà disponibile in primavera per gli abbonati al Post. Per i lettori e gli abbonati, il passaggio di consegne non comporterà stravolgimenti. Il Post continuerà a operare nel segno della sua identità: chiarezza, precisione e utilità. La sintonia tra Sofri, Costa, Zacchetti e il resto della redazione, che ha caratterizzato i primi quindici anni del giornale, garantirà una continuità nel lavoro e nello stile. Questo cambiamento arriva in un momento significativo per il Post, che si appresta a celebrare il suo quindicesimo anniversario. Fondato nel 2010 con l’obiettivo di offrire un’informazione accurata e innovativa, il Post è diventato un punto di riferimento per la qualità e la profondità delle sue analisi. Con Sofri che assume un ruolo più strategico, Costa come guida operativa e Zacchetti come vicedirettrice responsabile, il Post guarda al futuro con ambizione. I prossimi passi includono il consolidamento del giornale come punto di riferimento per i lettori italiani, l’espansione dell’offerta di contenuti e un focus sempre maggiore sull’impatto del proprio lavoro. (In foto, Francesco Costa)

Cecilia Sala è arrivata in Italia

Cecilia Sala in Italia

La giornalista italiana Cecilia Sala è tornata in Italia mercoledì 8 gennaio, atterrando alle 16.15 all’aeroporto di Roma Ciampino con un volo proveniente da Teheran, in Iran. La sua liberazione è avvenuta in mattinata, dopo una detenzione durata 20 giorni. Sala era stata arrestata il 19 dicembre nell’albergo dove soggiornava, mentre si trovava in Iran per lavoro con un regolare visto giornalistico. Ad accoglierla al suo arrivo c’erano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, e i suoi familiari: la madre Elisabetta Vernoni, il padre Renato Sala e il compagno Daniele Raineri, anche lui giornalista. (Foto di copertina scattata da Daniele Raineri/Il Post)

Cecilia Sala è stata liberata

Cecilia Sala è libera

La giornalista Cecilia Sala, arrestata in Iran circa tre settimane fa, è stata finalmente liberata. La notizia è stata annunciata dal governo italiano poche ore fa, confermando che Sala è attualmente su un volo proveniente da Teheran e diretto a Roma Ciampino, con arrivo previsto alle 16:15. Ad accoglierla ci saranno la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Cecilia Sala, 29 anni, è una giornalista di Chora Media e del Foglio. Era stata arrestata il 19 dicembre in un albergo a Teheran, dove si trovava con un visto giornalistico regolare. Durante la sua detenzione, trascorsa in condizioni estremamente dure nel famigerato carcere di Evin, Sala dormiva per terra in una cella con luci perennemente accese e aveva un accesso limitatissimo all’esterno. L’unica visita ricevuta è stata quella dell’ambasciatrice italiana in Iran. Negli ultimi giorni, le condizioni di detenzione di Sala erano migliorate: era stata trasferita in una stanza più grande condivisa con un’altra detenuta. I carcerieri le avevano consegnato il libro Kafka sulla spiaggia di Haruki Murakami, che Sala aveva deciso di leggere “a distanza” con il suo compagno, Daniele Raineri, anch’egli giornalista. L’arresto di Sala era collegato alla detenzione di Mohammed Abedini Najafabadi, cittadino iraniano fermato in Italia il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti per accuse legate al traffico di tecnologia bellica. Fonti governative hanno rivelato che la liberazione di Sala è stata resa possibile grazie a un accordo diplomatico che sospende temporaneamente l’estradizione di Abedini verso gli Stati Uniti. L’annuncio ufficiale della liberazione è stato accolto con un lungo applauso al Senato.

Il Washington Post licenzia il 4% per ridurre le perdite

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Il Washington Post ha avviato una serie di licenziamenti che riguarderanno circa il 4% della sua forza lavoro. Questo passo è stato preso per far fronte alle ingenti perdite finanziarie che l’azienda sta affrontando, stando a quanto dichiarato dalla società stessa. I licenziamenti interesseranno principalmente i team delle divisioni pubblicità, marketing e tecnologia informatica, senza coinvolgere la redazione, che ha già subito una riduzione dei posti di lavoro due anni fa tramite un programma di buyout volontari. La decisione di ridurre il personale rientra in un piano più ampio volto ad adattare il Washington Post alle mutate condizioni del mercato e a garantire un futuro più sostenibile. L’obiettivo dichiarato dall’azienda è quello di posizionare il quotidiano per affrontare al meglio le sfide future e di rispondere in modo più efficace alle esigenze del pubblico. In una nota ufficiale, l’azienda ha sottolineato come questi cambiamenti siano necessari per continuare a costruire un futuro solido e per raggiungere il pubblico dove si trova. Negli ultimi anni, il Washington Post ha avuto difficoltà a generare profitti, poiché l’abbonamento digitale non è riuscito a compensare il calo delle entrate dalla stampa e i crescenti costi della redazione. Will Lewis, l’editore del giornale, ha dichiarato in una riunione dell’anno scorso che nel 2023 il Post ha registrato una perdita di 77 milioni di dollari e ha visto una riduzione del suo pubblico digitale dal 2020. Il giornale ha vissuto turbolenze durante gran parte del mandato di Lewis, iniziato un anno fa. Sally Buzbee, direttore esecutivo, si è dimessa a giugno, mentre Rob Winnett, scelto per sostituirla, si è ritirato poco dopo. Inoltre, la decisione di interrompere la tradizione di supportare i candidati presidenziali ha suscitato critiche tra gli abbonati. Recentemente, anche Ann Telnaes, la fumettista premio Pulitzer, si è dimessa dopo che la sezione opinioni ha rifiutato una sua vignetta su Jeff Bezos, il fondatore di Amazon e proprietario del Post, raffigurato inginocchiato davanti a una statua di Donald Trump. Nel frattempo, il Washington Post ha dovuto fare i conti con l’addio di numerosi giornalisti di spicco, tra cui Ashley Parker e Michael Scherer, che sono passati a The Atlantic, e Josh Dawsey, che ha scelto il Wall Street Journal.  

I giornalisti di The Athletic chiedono diritti sindacali

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I giornalisti di The Athletic, sito web di notizie sportive di proprietà del New York Times, hanno annunciato la loro intenzione di sindacalizzarsi. Circa 200 redattori statunitensi hanno chiesto al New York Times di riconoscerli come parte della Times Guild, il sindacato che rappresenta attualmente 1.500 lavoratori tra giornalisti, redattori e altri collaboratori editoriali. Il New York Times ha acquistato The Athletic nel gennaio 2022 per 550 milioni di dollari. Successivamente, nel luglio 2023, il quotidiano ha deciso di sciogliere la sua sezione sportiva, affidando la copertura sportiva a The Athletic. In questo contesto, i giornalisti del sito sportivo hanno espresso l’esigenza di avere gli stessi diritti e tutele sindacali dei colleghi già rappresentati dalla Times Guild, come affermato da Katie Strang, una scrittrice investigativa senior di The Athletic. La Times Guild, che è affiliata alla NewsGuild di New York, rappresenta giornalisti e redattori del New York Times, ma anche altri lavoratori come quelli del settore tecnologico e di Wirecutter, un sito di raccomandazione di prodotti. Lunedì scorso, i leader della Times Guild hanno fatto appello affinché il New York Times riconosca i giornalisti di The Athletic come membri del sindacato, chiedendo loro gli stessi benefici e protezioni. Se il New York Times non dovesse accettare la richiesta di sindacalizzazione, la NewsGuild di New York ha dichiarato che solleverà la questione presso il National Labor Relations Board (NLRB), l’ente federale che si occupa dei diritti dei lavoratori negli Stati Uniti. Un portavoce del New York Times, Jordan Cohen, ha dichiarato che la società sta valutando attentamente la richiesta avanzata dai giornalisti di The Athletic.

Charlie Hebdo: dieci anni dopo la strage, la satira resiste

Charlie Hebdo speciale dieci anni

Il 7 gennaio 2015, i fratelli Kouachi fecero irruzione nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, nel cuore di Parigi, uccidendo dodici persone. Tra le vittime si contavano alcuni dei più celebri disegnatori francesi, come Cabu, Charb, Honoré, Tignous e Wolinski. L’attentato, rivendicato da al-Qaida, scosse profondamente la Francia e il mondo intero, trasformando Charlie Hebdo in un simbolo globale della libertà di espressione e della resistenza alla censura imposta dalla violenza. Dieci anni dopo, il giornale celebra l’anniversario con un’edizione speciale intitolata “Indistruttibile!”, un numero di 32 pagine diffuso in 300.000 copie. In copertina, un lettore seduto su un fucile d’assalto legge, apparentemente sereno, l’edizione storica. L’editoriale firmato dal direttore Riss, sopravvissuto all’attentato, riflette sull’importanza della satira e sulla sua capacità di incarnare l’ottimismo: “Se si ha voglia di ridere, vuol dire che si ha voglia di vivere – prosegue Riss -. La risata, l’ironia, la caricatura sono manifestazioni di ottimismo. Qualunque cosa accada, drammatica o felice, la voglia di ridere non scomparirà mai”. Per l’occasione, il giornale ha lanciato il concorso internazionale #RiredeDieu (Ridere di Dio), invitando vignettisti di tutto il mondo a esplorare il rapporto tra religione e libertà di espressione. Delle 350 vignette ricevute, circa 40 sono state pubblicate nel numero commemorativo. Le immagini provocatorie – tra cui un Cristo in croce che si filma con un telefono – riaffermano il diritto di criticare dogmi religiosi, un tema caro a Charlie Hebdo sin dalle contestate caricature di Maometto pubblicate nel 2006. Il numero speciale include anche i risultati di un sondaggio condotto dall’Ifop, che evidenzia come il 76% dei francesi consideri la libertà di espressione un diritto fondamentale, mentre il 62% si dice favorevole alla possibilità di criticare simboli religiosi anche in modo offensivo. Per Riss, questa libertà è oggi più che mai in pericolo, con la democrazia minacciata da “nuove forze oscurantiste”. Alle commemorazioni ufficiali hanno partecipato il presidente Emmanuel Macron e la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, sottolineando l’importanza di mantenere alta la guardia contro il terrorismo. Macron ha ribadito che “il rischio resta significativo nelle nostre società” e ha esortato a continuare la lotta per difendere i valori della Repubblica. Anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha ricordato l’attentato con un messaggio su X: “Gli uomini e le donne di Charlie Hebdo sono stati assassinati per ciò che rappresentavano. I valori della Francia e dell’Europa. Libertà di espressione. Democrazia. Pluralismo. Onoriamo la loro memoria. E combattiamo instancabilmente contro il terrorismo e il fondamentalismo religioso”.