Cecilia Sala arrestata in Iran per violazione delle leggi islamiche

Cecilia Sala

Il Dipartimento Generale dei Media Esteri del ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico dell’Iran ha ufficializzato l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala. La comunicazione, riportata dall’agenzia Irna, afferma che Sala sarebbe stata arrestata il 19 dicembre per presunte violazioni delle leggi iraniane. Secondo quanto riferito, Cecilia Sala era entrata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico. Le autorità sostengono che il suo arresto sia avvenuto conformemente alla normativa vigente. Le indagini sono attualmente in corso, e all’ambasciata italiana è stato notificato il caso. Le autorità hanno garantito alla giornalista l’accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia. Il comunicato sottolinea che la politica del ministero è di favorire la presenza e l’attività legale di giornalisti stranieri, preservandone i diritti. Tuttavia, in caso di presunte violazioni, come nel caso di Sala, vengono avviate procedure investigative conformi alla legge iraniana. L’arresto di Sala si inserisce in un contesto di tensioni internazionali che coinvolgono anche cittadini iraniani arrestati in altri Paesi. A Milano, l’avvocato Alfredo De Francesco ha presentato un’istanza per richiedere i domiciliari per Mohammad Abedini Najafabadi, un cittadino iraniano arrestato su richiesta degli Stati Uniti per presunte violazioni legate all’esportazione di componenti elettronici verso l’Iran. Negli USA, un altro cittadino iraniano, Mahdi Mohammad Sadeghi, comparirà a breve in tribunale per accuse simili. Intanto, in Italia, la testata Chora News, per cui Cecilia Sala cura il podcast Stories, ha deciso di proseguire il progetto in sua assenza. “Il giornalismo non è un crimine”, si legge in un post pubblicato sui social, in cui la redazione annuncia la ripartenza del podcast per mantenere viva l’attenzione sulla vicenda. La direttrice Francesca Milano ha spiegato che la redazione continuerà il lavoro di Cecilia con una turnazione interna, raccontando le storie che la giornalista aveva iniziato, con particolare attenzione ai diritti umani e alla libertà. “Cercheremo di dare aggiornamenti sulla situazione di Cecilia”, spiega ancora Milano. “Al momento non ne abbiamo: non possiamo che aspettare – conclude – e avere fiducia nelle autorità”.  

Pino Insegno denuncia Open per danni reputazionali

Pino Insegno, noto conduttore e doppiatore italiano, ha presentato una denuncia querela tramite l’avvocato Roberto De Vita nei confronti di Open e altre testate giornalistiche. L’azione legale, secondo quanto appreso dall’Adnkronos, è motivata dalla presunta violazione dei principi di verità e dal coinvolgimento di aspetti personali e familiari in modo falso e distorto. Il conduttore ha denunciato una “gravissima lesione reputazionale artistica e professionale”, con conseguenti danni economici, e ha accusato una campagna mediatica che avrebbe travalicato i limiti del diritto di cronaca e critica giornalistica. Insegno ha dichiarato: “Contro di me una campagna mediatica denigratoria continuativa, costruita su falsità e strumentalmente orientata a colpire Giorgia Meloni”. Il conduttore ha lamentato che i suoi 40 anni di carriera artistica, spesi tra teatro, televisione e doppiaggio, sarebbero stati cancellati, mentre la sua reputazione personale è stata compromessa. Insegno ha respinto l’accusa di presunti insuccessi, sostenendo che questi non siano supportati da numeri, ma piuttosto legati alla sua vicinanza trasparente a Giorgia Meloni, leader politica di destra, e alla sua scelta di non allinearsi alle tradizionali logiche della Rai.  

Mario Calabresi: “L’Italia non abbandona Cecilia Sala”

Mario Calabresi

Il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, ha raccontato al Corriere della Sera la vicenda della giornalista Cecilia Sala, arrestata il 19 dicembre in Iran. Calabresi ha sottolineato l’impegno delle autorità italiane per riportarla a casa, mostrando fiducia nel lavoro della Farnesina. “L’Italia non lascia mai soli i propri cittadini”, ha dichiarato, ricordando esperienze passate come il rapimento di Domenico Quirico in Siria durante la sua direzione de La Stampa. La giornalista, conosciuta per la sua professionalità, si trovava a Teheran per raccontare la realtà attuale, un viaggio che desiderava fare da tempo. Sala aveva pianificato ogni dettaglio con scrupolosità, ottenendo un visto di otto giorni e collaborando con un fixer fornito dall’ambasciata. Tuttavia, giovedì 19, il suo silenzio ha subito allarmato il team di Chora Media: non aveva inviato la registrazione del podcast Stories e il suo telefono risultava spento. Dopo aver contattato il compagno di Sala, Daniele Raineri, è stata attivata l’unità di crisi della Farnesina. Sala ha successivamente telefonato alla madre, riferendo di essere stata arrestata e rassicurando di non aver subito violenze, pur parlando con tono che sembrava “leggere un comunicato”. Ha potuto parlare anche con il padre e con Raineri, menzionando brevemente le condizioni in prigione. A Natale, ha detto, le sono stati serviti pollo, riso e due sigarette. L’ambasciatrice italiana Paola Amedei è riuscita infine a farle visita, portandole cibo e vestiti, confermando che la giornalista è in buone condizioni fisiche. Il team di Chora Media, insieme alle autorità, resta unito nel tentativo di riportare Cecilia Sala a casa al più presto. (In foto, Mario Calabresi)

Crollano gli ascolti dei Tg: calano tutti, tranne TgLa7

TgLa7

Un tempo indiscusso punto di riferimento per l’informazione, i telegiornali italiani stanno vivendo una stagione nera. Il pubblico fugge, gli ascolti crollano e la centralità che i notiziari occupavano nell’agenda mediatica sembra svanire. Secondo i dati Auditel analizzati dallo Studio Frasi, nel 2024 quasi tutte le principali testate registrano perdite significative. È una crisi trasversale, che colpisce sia la Rai sia Mediaset, con un’unica eccezione: il Tg La7 di Enrico Mentana, che continua a crescere. In casa Rai, il Tg1 conserva la leadership con uno share medio del 23,56%, ma perde 163.414 spettatori rispetto al 2023 (-3,79%). La gestione editoriale, voluta ai piani alti, non sembra pagare: la narrazione monocorde e una scaletta incentrata su cronaca nera e spettacolo allontanano il pubblico. Peggio fa il Tg2, diretto da Antonio Preziosi, che subisce un tracollo del 8,88% (-96.782 spettatori), consolidando la propria crisi. Il Tg3, pur risentendo del calo complessivo della terza rete, si difende con una perdita minima dello 0,44%, pari a soli 7.522 spettatori. A differenza delle altre testate, la Testata Regionale registra un segno positivo, crescendo dello 0,78%. Nemmeno Mediaset può dirsi immune. Il Tg5, al secondo posto con uno share del 19,54%, perde 86.099 spettatori (-2,42%), mentre il Tg4 lascia sul campo il 4,44% (-24.756 spettatori) e Studio Aperto il 3,52% (-18.014 spettatori). In questo scenario di crisi, spicca il successo del Tg La7, che con l’edizione serale diretta da Mentana cresce del 18,64%, guadagnando 191.810 spettatori. “Una crescita che tuttavia va inserita nell’ottima performance della rete: se La7 aumenta il pubblico, ne beneficia anche il suo telegiornale”, spiega Massimo Scaglioni, docente di Economia dei Media all’Università Cattolica di Milano. La crescita, tuttavia, non basta a nascondere un problema più ampio: l’erosione dell’audience televisiva, causata dallo spostamento delle nuove generazioni verso piattaforme digitali. Smartphone, tablet e pc sono ormai i dispositivi preferiti per informarsi, a discapito della TV tradizionale. Dal 30 dicembre, per adattarsi a questo cambiamento, Auditel introdurrà un nuovo sistema di rilevazione chiamato “total audience”. Questa metodologia misurerà non solo i programmi trasmessi in TV, ma anche quelli disponibili sui dispositivi connessi a Internet, offrendo un quadro più completo delle abitudini del pubblico. Francesco Siliato, analista dello Studio Frasi, individua nelle scelte editoriali uno dei fattori chiave del calo dei Tg Rai. Ritiene che il racconto monotematico delle guerre, poco pluralista e carente di approfondimenti, unito alla presenza eccessiva di cronaca nera, allontani gli spettatori. Questo trend negativo non risparmia nemmeno i canali all news. Rainews24 si ferma allo 0,52% di share (-17,9%), mentre Tgcom24 e SkyTg24 si attestano rispettivamente allo 0,5% e allo 0,33%.    

Arresto a Teheran, Cecilia Sala detenuta dal regime

Cecilia Sala

Il 19 dicembre 2024, la giornalista italiana Cecilia Sala, inviata del quotidiano Il Foglio e autrice del podcast Stories per la piattaforma Chora, è stata arrestata a Teheran dalle autorità iraniane. La Farnesina ha confermato il fermo solo venerdì 27 dicembre, dopo giorni di trattative diplomatiche riservate. Sala è attualmente detenuta in una cella di isolamento nella prigione di Evin, struttura tristemente nota per ospitare dissidenti e cittadini stranieri. Secondo una nota di Chora Media, la podcast company per cui Sala lavora, la giornalista si trovava in Iran da una settimana per raccontare storie legate al patriarcato e al contesto sociale del Paese. Avrebbe dovuto fare ritorno a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del giorno precedente, dopo uno scambio di messaggi con colleghi e familiari, il suo telefono è diventato muto. I tentativi di contattarla si sono rivelati vani, e la conferma che non si fosse imbarcata sul volo per l’Italia ha alimentato ulteriormente i timori. Poche ore più tardi, il suo telefono si è riacceso per un breve lasso di tempo, permettendole di effettuare una telefonata a sua madre. Sala ha comunicato di essere stata arrestata e di trovarsi in carcere, senza però poter fornire ulteriori dettagli. In una seconda telefonata, ha rassicurato la famiglia dicendo: “Sto bene, ma fate presto”. Immediatamente dopo la scomparsa di Sala, il compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, e la sua redazione hanno allertato l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri. Da quel momento, il governo italiano si è attivato su più fronti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, hanno avviato negoziati con le autorità iraniane per ottenere il rilascio della giornalista. Sempre venerdì 27 dicembre, l’ambasciatrice Amadei ha potuto incontrare Sala per verificarne le condizioni di salute e di detenzione. Le autorità iraniane non hanno comunicato ufficialmente le accuse contro di lei, lasciando intendere che le imputazioni potrebbero non essere state ancora formalizzate. Questo modus operandi è tipico di un contesto politico e sociale altamente repressivo. L’Iran è infatti uno dei Paesi peggiori al mondo per la libertà di stampa, classificato al 176° posto su 180 nel Press Freedom Index 2024 di Reporters Without Borders. Dal 2022, il regime ha intensificato la repressione nei confronti dei giornalisti: almeno 79 professionisti sono stati arrestati, molti dei quali condannati con accuse pretestuose. Questo clima di intimidazione si inserisce in una strategia diplomatica più ampia, con l’Iran che utilizza spesso i detenuti stranieri come leva per negoziati internazionali. Il caso di Cecilia Sala richiama altri episodi recenti, come l’arresto del giornalista Reza Valizadeh, condannato a dieci anni di carcere con l’accusa di “collaborazione con un governo ostile”. Cecilia Sala, durante il suo soggiorno in Iran, aveva affrontato temi sensibili per il regime. Nel suo podcast aveva parlato del patriarcato, della detenzione di artisti come la comica Zeinab Musavi, e delle milizie filo-iraniane in Medio Oriente, intervistando personalità di spicco come Hossein Kanaani, fondatore delle Guardie rivoluzionarie. La sua attività giornalistica, riconosciuta per il rigore e l’indipendenza, si è scontrata con un contesto in cui la libertà di stampa è soppressa con sistematica brutalità. Il caso di Cecilia Sala è l’ennesimo monito sulla fragilità del giornalismo in regimi autoritari. L’Italia continua a lavorare intensamente per il rilascio della giornalista, riaffermando un principio fondamentale: il giornalismo non è un crimine.

L’Espresso: un sito nuovo per il giornalismo del futuro

L'Espresso

L’Espresso si prepara a una svolta epocale con il lancio di un nuovo sito digitale, previsto per gennaio 2025. Non si tratta di un semplice restyling, ma di una vera rivoluzione digitale, che mira a trasformare il modo di informare i lettori, mantenendo saldo il prestigio del cartaceo. La nuova piattaforma è stata progettata con un approccio data-driven, basandosi su un’analisi approfondita dei dati e confrontandosi con i benchmark internazionali più innovativi. Sarà mobile first, adatta alle esigenze di un pubblico sempre più connesso e dinamico, e costituirà un ecosistema digitale avanzato, fulcro di un giornalismo interattivo e partecipativo, dove i lettori diventeranno co-attori del processo informativo grazie a strumenti di engagement e comunicazione diretta con la redazione. Non solo il sito: anche i canali social di L’Espresso subiranno una trasformazione significativa. Nuovi format e una veste grafica completamente aggiornata accompagneranno contenuti originali pensati per offrire un’esperienza immersiva e coinvolgente. Questo non è un semplice aggiornamento estetico, ma un ripensamento totale del nostro approccio, che punta a rimanere fedele alla verità e ai fatti, senza filtri. Dal 1955, anno della sua fondazione, L’Espresso ha rappresentato una “struttura d’opinione”, come la definiva Eugenio Scalfari, e ha attraversato la storia d’Italia mantenendo saldi i suoi principi: “indipendenza di giudizio, culto della razionalità, disponibilità a comprendere ciò che è diverso da sé pur senza velleità imitative, lotta contro le mafie di potere, difesa delle minoranze, anche quando esse sostengono posizioni diverse e perfino opposte”. Questi valori restano immutati, anche in un mondo in continua evoluzione. L’obiettivo è continuare a offrire un’informazione più diretta, incisiva, ma sempre libera, raccontando la realtà con il coraggio che da sempre ci contraddistingue. In un contesto segnato da disinformazione e fake news, si rinnova l’impegno per un giornalismo autentico e libero. L’obiettivo non si limita al racconto dei fatti, ma include un’indagine approfondita, la comprensione e la sfida al silenzio. L’uso del digitale non è guidato da tendenze passeggere, ma dalla volontà di fare la differenza, mantenendo il coraggio investigativo delle inchieste storiche. Si agisce ascoltando la crescente sfiducia nell’informazione, senza cercare il consenso unanime, ma offrendo una narrazione scomoda e autentica. L’approccio resta fedele ai principi di trasparenza e indipendenza, senza concessioni al potere o narrazioni di comodo. Un ruolo chiave in questa trasformazione sarà affidato a Felice Florio, giovane giornalista di 31 anni che dal primo gennaio guiderà la nuova redazione digitale e i social de L’Espresso. Con la sua esperienza maturata in alcune delle redazioni online italiane più innovative, Florio rappresenta la volontà di puntare su una nuova generazione di professionisti per costruire il futuro del giornalismo. In un contesto complesso, segnato dalla diffusione di menzogne e disonestà, l’obiettivo rimane quello di garantire un’informazione autentica. La missione è raccontare la verità senza compromessi, riconoscendo che la speranza è indissolubilmente legata a un giornalismo libero. Con il 70esimo anniversario, L’Espresso inaugura una nuova era improntata all’innovazione, mantenendo saldi i valori fondanti di indipendenza e coerenza.

Giubileo 2025: l’apertura della Porta Santa in diretta tv e radio

Giubileo-apertura-porta-santa

Il 24 dicembre 2024, alle ore 19, si aprirà ufficialmente il Giubileo dedicato alla speranza, un evento simbolico e spirituale che accompagnerà i fedeli fino al 6 gennaio 2026. L’atto inaugurale dell’anno giubilare sarà l’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro. Questo rito, denso di significato, rappresenta un invito universale alla riflessione, alla pace e alla riconciliazione. La cerimonia di apertura sarà seguita e trasmessa da diversi media italiani, con una copertura completa per permettere a tutti di partecipare, anche a distanza. Rai1 trasmetterà l’evento in diretta a partire dalle 18.40, con la possibilità di seguirlo anche in streaming su RaiPlay. Dopo la cerimonia e la Santa Messa, verrà mandato in onda uno speciale del programma “A sua Immagine”. Tv2000 includerà la diretta nello speciale del programma “Il diario di Papa Francesco”, a partire dalle 17.30. SkyTg24 offrirà una copertura in diretta dell’evento. Anche i media vaticani svolgeranno un ruolo chiave nella diffusione del Giubileo. Vatican News trasmetterà la cerimonia sul proprio canale YouTube, arricchendo la programmazione con interviste, approfondimenti, podcast e vodcast dedicati agli eventi giubilari. La copertura dell’evento non si limiterà alla televisione e al web. RTL 102.5 garantirà la diretta radiofonica, disponibile anche sul canale 36 del digitale terrestre e sulla piattaforma RTL 102.5 Play.  

L’Albania chiude TikTok per un anno, 900mila utenti colpiti

TikTok

L’Albania ha scelto una misura drastica imponendo un divieto totale di TikTok per un anno, in seguito alla tragica morte di un adolescente accoltellato il mese scorso. Il primo ministro Edi Rama ha giustificato il provvedimento dichiarando: “TikTok tiene in ostaggio i nostri figli”, riflettendo le preoccupazioni emerse da genitori e insegnanti riguardo episodi di bullismo e liti alimentati da contenuti visti sulla piattaforma. Dopo una serie di consultazioni nazionali, il 90% dei partecipanti ha richiesto la chiusura del social. La misura entrerà in vigore all’inizio del nuovo anno, impattando circa 900mila utenti albanesi, il 30% dei quali ha tra i 13 e i 27 anni. Rama ha specificato che la durata del divieto potrebbe essere rivista in base a decisioni di altri paesi contro i contenuti violenti e discriminatori. Attualmente, Francia, Germania, Belgio e Australia hanno già adottato restrizioni simili sui social. Il primo ministro ha sottolineato come TikTok, in Cina, operi con regole più severe per proteggere i minori, promuovendo contenuti educativi, ma l’Albania è troppo piccola per influenzare il suo algoritmo globale. TikTok ha risposto chiedendo chiarimenti al governo, sostenendo che l’incidente citato non fosse correlato alla loro piattaforma. Tuttavia, l’iniziativa non è priva di critiche. Ina Zhupa, esponente dell’opposizione, ha definito il divieto “una grave violazione della libertà e della democrazia”, accusando il governo di strumentalizzarlo per fini elettorali.

Metro chiude dopo 23 anni: crisi e declino della freepress

Metro cessa le pubblicazioni

Il quotidiano Metro, uno dei pionieri della freepress in Italia, cesserà ogni pubblicazione, sia in formato cartaceo sia online sul sito metronews.it. La notizia è stata comunicata il 23 dicembre dalla società editrice New Media Enterprise ai giornalisti del giornale, segnando la fine di un’avventura editoriale iniziata nel 2000 e che ha lasciato il segno nelle principali città italiane. Metro, già da anni in crisi, aveva affrontato numerosi cambi di proprietà e una significativa riduzione dell’organico, culminata con la chiusura di alcune edizioni locali. Nato come parte di un progetto editoriale internazionale, il giornale italiano esordì a Roma, espandendosi poi a Milano e altre città come Torino, Bologna, Firenze e Genova. Nel periodo di massimo splendore, tra il 2005 e il 2006, Metro stampava circa un milione di copie al giorno e vantava una redazione composta da 25-26 professionisti. Distribuito in punti strategici come fermate della metropolitana e altri luoghi ad alta frequentazione, il quotidiano divenne presto familiare per i pendolari delle grandi città del nord e del centro Italia. La sua popolarità ispirò l’avvio di altri giornali gratuiti, tra cui il concorrente Leggo, ancora in attività con una tiratura dichiarata di 180mila copie al giorno e un sito che raggiunge 500mila utenti unici al mese. Nonostante il ruolo rivoluzionario nel panorama editoriale italiano, la crisi economica e il calo di interesse per il formato cartaceo hanno segnato la fine di Metro, simbolo di un’epoca in cui il giornalismo gratuito sembrava destinato a durare.

Luca Poggi è il nuovo AD di Rai Pubblicità dal 2025

Luca Poggi, Ad Rai Pubblicità

È arrivata la conferma ufficiale: Luca Poggi è il nuovo Amministratore Delegato di Rai Pubblicità. La decisione è stata presa dal Consiglio di Amministrazione di Rai Pubblicità, riunito a Roma sotto la presidenza di Maurizio Fattaccio, che ha espresso parere favorevole alla nomina. Poggi entrerà in carica a partire dal 1° gennaio 2025, succedendo a Gian Paolo Tagliavia, che ha deciso di lasciare il suo incarico con anticipo rispetto alla fine del suo mandato, per intraprendere un nuovo progetto nel settore della comunicazione. Poggi, che lavora in Rai Pubblicità dal 2018, ha ricoperto ruoli di grande responsabilità, tra cui quello di Direttore Centri Media, rispondendo direttamente a Gian Paolo Tagliavia, e Direttore Clienti per l’area Lombardia. La sua carriera vanta una lunga esperienza in aziende di primo piano come Disney, Discovery Networks, Rcs Mediagroup e Publitalia ’80, consolidando una competenza che unisce pubblicità, media e intrattenimento su scala nazionale e internazionale. Il Presidente Maurizio Fattaccio ha espresso un sentito ringraziamento a Tagliavia per il suo impegno, sottolineando i risultati straordinari ottenuti da Rai Pubblicità sotto la sua guida, che ha contribuito significativamente al successo e all’espansione del business dell’azienda. Fattaccio ha anche rivolto i suoi auguri a Luca Poggi, augurandogli di guidare Rai Pubblicità verso nuovi traguardi di successo.